Scrivere e pubblicare immagini, dopo tanti mesi, anni di inattività, mi fa sentire come una bambina con la macchina fotografica in mano, che inizia a fare le sue prime fotografie, che inizia a scoprire il mondo che la circonda. Mi sono riproposta molte volte di parlare del legame tra me ed il meraviglioso lavoro che faccio ma ogni volta sentivo di non trovare le parole giuste. Quando la vita ti pone di fronte a prove come quella che abbiamo affrontato io e mio marito Silvano ci vuole tempo, molto tempo prima che le “cose di ogni giorno” tornino ad avere una parvenza di normalità. Vorrei ripartire da qui, dal mio blog. Negli anni ho creato e portato avanti molti progetti. Ho scritto per Travel Fanpage, ho collaborato con tante persone, con alcune della quali ho ancora un bellissimo rapporto di stima ed affetto reciproco. Il mio sogno era fotografare e viaggiare, con Silvano ovviamente. Abbiamo realizzato tanti progetti insieme ed abbiamo visitato posti bellissimi dei quali conservo ricordi incancellabili, grazie a questi ricordi dolci e amari, adesso, sento che  non posso più visitare luoghi senza capirne l’essenza, senza viverli, non è una strategia che va d’accordo con il tipo di fotografia che (da oggi) vorrei esprimere.

Mi sono chiusa in me stessa per cercare di sopravvivere. Ho iniziato ad apprezzare il silenzio e la quiete. Mi sono distaccata dai social networks per ritrovare le persone vere. Questi passaggi sono stati necessari per cercare di elaborare un lutto che forse non riuscirò mai a trattare completamente. Il viaggio a New York, oramai lontano, mi ha aiutato a riprendere confidenza con quella piccola scatola chiamata macchina fotografica. Passavo le mie giornate, sola, gironzolando per le vie della grande mela, guardando le persone attorno a me. Mi sedevo sulle panchine, osservavo. Meditavo sull’epoca in cui questa città, dalle mille anime, era la “culla” della fotografia di strada a me più affine e più pensavo, più mi sentivo come una bambina con la macchina fotografica in mano.

Qui, nella metà del xx secolo, nacque la New York School of Photography. Fucina di virtuosi fotografi ha visto crescere il talento di uno dei maggiori esponenti della street americana:  Robert Frank. Frank raggiunse la popolarità grazie al libro “The Americans”. Le sue immagini, a volte grezze, fuori fuoco e “mal inquadrate” misero in crisi il concetto della fotografia “perfetta” alla Annsel Adams. In principio molto criticato per il suo stile non convenzionale, Robert Frank è diventato fonte di ispirazione per generazioni di fotografi, me compresa. Le foto che ho deciso di pubblicare oggi sono ispirate al suo lavoro. Fuori fuoco, non precise forse, ma rappresentative di una città che, stavolta, ho “sentito” in maniera molto diversa rispetto ai miei viaggi precedenti.

I taxi

bambina con la macchina fotografica

I taxi sono sicuramente uno dei simboli universalmente riconosciuti della grande mela, come il Ponte di Brooklyn. Il gesto tipico del newyorkese è alzare il braccio per richiamare l’attenzione di qualche vettura libera in arrivo. In questa scena mi ha colpito la tranquillità del signore anziano verso la frenesia delle due ragazze. Mi piaceva la situazione interessante ed ho osservato per giorni il comportamento delle persone a caccia di un taxi fino a quando, per caso, ho sorpreso una ragazza a prenderne uno letteralmente “al volo”. La vettura si era appena fermata di fronte a me ed una giovane è saltata sopra in una frazione di minuto. Questo mi ha fatto riflettere sui ritmi frenetici sostenuti dai cittadini di questa metropoli che, a parere mio, pagano un prezzo troppo alto (in termini di tempo ed energie) per sopravvivere nella città che non dorme mai.

bambina con la macchina fotografica

Il lavoro

In una metropoli come New York è necessario lavorare. Le persone corrono (corrono sempre) per entrare in uno dei tanti uffici di Manhattan, in questa città puoi incontrare qualsiasi tipo di professionalità: barman, camerieri, commessi, muratori… Tra le tante immagini scattate agli workers newyorkesi ho deciso di pubblicare la fotografia di una dog sitter. Mi sono immaginata la sua storia. Questi cani potrebbero essere i “pelosi” di alcuni ricchi, potenti cittadini di New York che non hanno tempo da dedicare al loro amico a quattro zampe. Lei, con la faccia tirata stringe il guinzaglio di 5 cani di 5 padroni troppo impegnati a fare altro.

bambina con la macchina fotografica

Tolleranza vs differenza sociale 

New York è una città multirazziale. Sono molteplici le sfaccettature che questa metropoli offre a chi la osserva attentamente.  Cittadini di ogni colore, razza e religione vivono fianco a fianco in un contesto sociale imperfetto ma che, alla fine, funziona. Una realtà basata sulla tolleranza e sul rispetto reciproco. L’aria che ho “respirato” in città è l’aria di una società che accetta e a volte nasconde i propri (molteplici) limiti. Come nelle storie più antiche del genere umano, New York mette in evidenza, purtroppo in maniera esponenziale, la disparità che esiste tra benestanti e poveri. New York però è New York. Qui puoi vedere di tutto e fare di tutto, nei limiti della legge ovviamente. Io stessa, un giorno, mi sono soffermata in Washington Square (a sedere su una panchina) per depilarmi le sopracciglia. Mi sono sentita newyorkese al punto giusto, tanto che gli unici passanti stupiti dal mio comportamento erano i turisti. Probabilmente qualcuno mi avrà anche fotografato, chissà… questo pensiero mi fa sorridere ancora.

bambina con la macchina fotografica